sabato 10 dicembre 2016

L'apostolato Cattolico (I)

R. P. Giovanni Perrone d. C. d. G.

Prefetto Degli Studii Nel Collegio Romano
Da: L'Apostolato cattolico e il proselitismo protestante ossia L'opera di Dio e l'opera dell'uomo, parte I, L'apostolato Cattolico, Genova 1862 pag. 5-33
Il bel nome di Apostolo fu consacrato dalle labbra medesime del divino Redentore, quando, come narrasi da san Luca, dopo aver passata la notte sul monte orando, fattosi dì, chiamò i suoi discepoli e dodici ne trascelse, cui diede il nome di Apostoli; Factum est autem in illis diebus, exiit in montem orare et erat pernoctans in oratione Dei, et cum dies factus esset, vocavit discipulos suos, et elegit duodecim ex ipsis, quos et Apostolos nominavit [1]. Così quel nome, che secondo la sua naturale significazione dinota un messo o legato spedito ad annunziare ed a trattare a voce autorevolmente qualche grande affare, nella bocca di Cristo fu consecrato qual nome di dignità e di officio divino, ond'Egli distinse i primi banditori dell'Evangelio, ch'Egli stesso mandò a predicare per tutto il mondo. Con tal nome Egli raccomandò ai popoli questi suoi eletti discepoli; siccome quelli che non si assumevano da sè stessi l'officio di predicare, nè insegnavano le proprie dottrine, nè cercavano la loro gloria, ma erano mandati dal divin Redentore siccome nunzi dei suo Vangelo per la gloria di Dio e per la salute delle anime.
Questa solenne missione Egli rinnovò prima di salire al cielo, quando, come abbiamo dalle preziose parole colle quali chiudesi il Vangelo di san Matteo, Gesù si appressò agli Apostoli e parlò loro dicendo: che a lui era stata data ogni potestà in cielo ed in terra, che andassero ad ammaestrare tutte le genti battezzandole nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, ed insegnando loro ad osservare quant'Egli aveva ad essi ingiunto; e conchiuse con quella solenne promessa, ch'Egli stesso sarebbe con loro perennemente sino alla fine de' secoli: Et accedens Jesus locutus est eis dicens: Data est mihi omnis potestas in coelo et in terra. Euntes ergo docete omnes gentes, baptizantes eos in nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, docentes eos servare omnia quaecumque mandavi vobis, et ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi [2]. Con le quali parole il divin Salvatore perpetuò nella sua Chiesa l'opera divina dell'apostolato. Tale è la divina origine e del nome e della cosa significata per l'apostolato cattolico proprio di quella sola Chiesa di Gesù Cristo, che è una, santa, cattolica ed apostolica. Di questo cattolico apostolato noi imprendiamo a parlare, mirandolo a parte a parte in sè stesso, ed in opposizione a quel falso apostolato, che senza alcuna missione si arrogano le Sette dalla Chiesa divise e che noi intitoliamo proselitismo, essendo ben ragione distinguere anche nel nome cose così opposte.
Cotesta voce derivasi dai Proseliti, nome che di per sè non significa altro che di recente venuti ed aggiunti; ma che suoi prendersi in mala parte, benchè originalmente avesse e possa anche aver buon senso. Proseliti chiamavansi da' Giudei quelli che lor si accostavano venendo dalla gentilesca superstizione, i quali eran tenuti sibbene ad osservare la legge, ma non fruivano però del nome di figli d'Israele e de' loro privilegi, ed erano per lo più adoperati negli uffici più bassi, servili e laboriosi. Questi come di fresco venuti ed accostatisi al popolo di Dio si appellarono proseliti, come raccogliesi da vari luoghi delle divine Scritture [3], o altrimenti si chiamarono advena o peregrini.
Nella legge di grazia che è di sua natura cattolica ed universale, non vi è più in Gesù Cristo nè forestiero nè Giudeo, nè servo, nè libero [4]; nè più vi sono hospites et advenae, essendo tutti cives sanctorum et domestici Dei [5]; ma la religione giudaica non essendo per sua natura o istituzione universale, si tenne paga di venir aggregando alla Sinagoga uomini nuovi venuti dal gentilesimo; che però distingueva dai discendenti di Abramo e si tenevano in conto quasi di forestieri [6]. Di mano in mano alcuni giudei si adoperarono a tutto potere ad accrescere il numero de' loro proseliti, non già per zelo della divina gloria, e per bene delle anime, ma sì per gloria mondana, per interesse, per far partito e per altri fini terreni.
Questo proselitismo, ossia questo prurito di far proseliti fu ripreso gravemente dal divin Salvatore negli Scribi e negl'ipocriti Farisei, che con zelo affannoso e turbolento andavan per terra e per mare cercando un proselito per ispirito di parte e di Setta, per ingrossar le loro file, per farsi un nome, e ottenuto l'intento abbandonavano questi miseri acquisti, rendendoli così peggiori di quel che fossero per l'addietro, e de' loro maestri: Vae vobis Scribae et Pharisaei hypocritae, quia circuitis mare et aridam ut faciatis unum proselytum; et cum fuerit factus, facitis eum filium gehennae duplo quam vos [7].
Non già come osservò sant'Agostino contro Adimando Manicheo per colpa della legge giudaica, ma perchè insegnavano a sì fatti proseliti le lor false dottrine e pratiche perverse, e con ciò li rendevano più colpevoli fino a meritare peggior dannazione [8]. Quindi è che il nome stesso di proselito e di proselitismo oltre la natia significazione porta aggiunto per uso comune un senso di cosa riprovevole, ed ha un non so che di odioso e dispregiativo.
Appunto perciò gli eretici dieder nome di proselitismo allo stesso cattolico apostolato, e veggendo lo zelo della Chiesa nel predicare il Vangelo, e mandare missionari per la conversione de' gentili e degli eretici, essi per gelosia di sì belle conquiste gridano a piena gola al proselitismo, reclamano contro il proselitismo, non cessano dall'accusa di proselitismo, e nelle loro assemblee, ne' loro scritti, ne' loro giornali inviliscono l'opera di Dio con questa voce di proselitismo. Ma no, la Chiesa cattolica non conosce proselitismo. Ella nelle conversioni che procura, e che dee procurare incessantemente, altro non fa che compiere l'alta missione a lei affidata e comandata dal suo divin Fondatore; e però tutta l'opera sua nella conversione de' popoli per tutto il mondo e per tutti i tempi ha divinamente il nome di Cattolico apostolato.
Il nome di proselitismo, e appunto nel suo senso peggiore, ricade anzi sul capo di quegli eretici, che lo avventano contro la Chiesa cattolica. Mentre i loro emissari si brigano di portare ai popoli il lor vangelo, e valicano mari e monti, tutto il lor fare è un misero proselitismo di setta. Chè il vero apostolato non può appartenere a comunioni, o meglio, a Sette dalla Chiesa cattolica separate e divise. Poco monta che tali Sette si dicano Ariane o Nestoriane, Luterane, o Calviniste, Quacheriane o Metodiste; perchè loro non possano convenire i sacri nomi di apostolato, di apostoli e di missionari, basta che sien divise dalla Chiesa a cui Gesù Cristo commise l'apostolato. Per[ci]ò a dinotare l'opera delle Sette in mandare emissari e far nuovi addetti tra gl'infedeli e più ancora tra cattolici, noi adottiamo in questa nostra trattazione il nome di proselitismo, benchè ancor questo nome sia anche troppo onorato per dinotare cosa sì riprovevole. Il diciamo poi proselitismo protestante, sia perchè poco ci cale delle viete Sette, che già furono e più non sono; sia perchè il movimento, o meglio, l'agitazione degli eretici di ogni fatta in predicare a lor foggia il vangelo e guadagnar gente è cosa di questi ultimi tempi, e propria di quel protestantismo, che prima die' e dà tuttora la taccia di proselitismo all'apostolato della Chiesa romana.
Chiarite così le voci di apostolato cattolico e di proselitismo protestante, ragion vuole che dai nomi passiamo alle cose per lor significate, e che dando in questa introduzione una generale idea, quindi del cattolico apostolato, e quindi del protestante proselitismo mostriamo così in generale come a un colpo d'occhio, che quello è opera di Dio, e questo opera dell'uomo.
La riabilitazione dell'uomo caduto e degradato per la colpa di origine al conoscimento e all'amore di Dio per mezzo del divin Riparatore ci fornisce la generale idea del cattolico apostolato nella sua natura e nel suo fine. Deve perciò di assoluta necessità muover da Dio, ed essere tutta opera di Dio. Ma Iddio fa le sue grandi opere e si piace di adempiere i suoi disegni di misericordia per mezzo dell'uomo stesso; che per[ci]ò Egli stesso li sceglie come suoi stromenti e cooperatori. A tal fine Egli dà lor la missione, gl'informa del suo Spirito, o all'uopo li fa anche depositari del suo potere coi doni straordinari di Carismi, li favorisce insomma divinamente di tutti i mezzi che la divina sapienza conosca essere necessari ed acconci al conseguimento del fine. Ecco una idea generale e come un abbozzo dell'Apostolato e dell'Apostolo.
Tale pertanto essendo la natura dell'apostolato, ne conseguita che esso debba avere in sè i luminosi caratteri che convengono all'opera di Dio, e per parte degl'inviati quelle doti che li manifestano per inviati di Dio. L'apostolato è l'opera di misericordia divina, che abbraccia tutti i tempi, tutti i luoghi, tutti gli uomini della terra. Ci conviene adunque risalire alle origini e ricordare come Dio trasse l'uomo dal nulla per un tratto di sua spontanea bontà per renderlo eternamente felice, non già di qualsivoglia felicità, ma di quella che consiste nel possedimento stesso di Dio, a condizione però che l'uomo gli fosse fedele nel servirlo, nell'amarlo e nel glorificarlo. A questa condizione indispensabilmente necessaria l'uomo fin dalla sua origine mancò, e colla trasgressione del divino mandato ei perdette in un colla felicità temporale la felicità eterna. Per tal trasgressione l'armonia si sconvolse di sua natura per la quale egli provava le più elette delizie nel conoscimento di Dio, e nell'adesione a Dio, fornito com'era della originale giustizia, ossia della grazia santificante in un coi doni ad essa annessi dalla divina liberalità: doni preziosi oltre ogni credere, perchè la sua mente era da Dio illustrata e retta la sua volontà, la sua ragione era in tutto a Dio soggetta e nulla la turbava; la parte sua sensibile era pienamente dalla ragione dipendente, e il suo corpo dotato del privilegio della immortalità. Colla, colpa tutto fu perduto.
Ma che? Dovea adunque l'uman genere giacersi perduto irreparabilmente, nè più rialzarsi dalla sua caduta! Ah no; non dovea per sempre perire questo capolavoro dell'Onnipotente, questa immagine del Dio vivente. Il Signore nella infinita sua misericordia accorse alla sua rovina e lo innalzò colla promessa di un suo Liberatore e Salvatore. Con questa fede e con questa speranza i discendenti di Adamo furono richiamati a quell'alta dignità primigenia in cui furono nella loro creazione da Dio costituiti. Che se si chiusero loro le porte dell'Eden, loro si schiusero, anche prima che si pronunziasse contro di essi la sentenza di loro condanna, le porte del Cielo promesso loro in retaggio mediante la fede e l'amore e la osservanza di quella legge, che Dio aveva scritta ed impressa ne' loro cuori.
Se non che cedendo i degenerati figliuoli alle prave tendenze cagionate in essi dalla colpa primitiva di origine, si appresero di preferenza a quanto allettava i loro sensi, e a poco a poco dimenticaronsi del loro benefattore, della fedeltà a lui dovuta, delle promesse lor fatte. Incurvati verso la terra, fatti schiavi de' loro sregolati appetiti, l'iniquità a guisa di cataclisma coperse la superficie della terra. Progredì tant'oltre l'obblio e la dimenticanza di Dio Creatore, che giunsero gli uomini a fare obbietto del loro culto da prima gli astri del firmamento, poscia adorarono le opere delle loro mani, e perfino i bruti e i prodotti del campo. Tutte le passioni furono per tal modo divinizzate, e la più turpe idolatria prevalse nell'universo.
Sarebbe senza dubbio perita la vera religione, non ostante una vaga reminiscenza che si conservò mai sempre presso gli antichi popoli di un Dio supremo, ma soffocata dalle innumerevoli superstizioni, qualor Dio fin da principio non avesse istituito una specie di apostolato sia per conservare, sia per trasmettere alla posterità l'unica vera religione. Ciò egli fece da prima per mezzo di patriarchi o capi di famiglia, poscia per mezzo di un intiero popolo discendente da Abramo, da Isacco e da Giacobbe. In questo solo popolo ebbe Dio un pubblico culto, e in esso si conservò intemerata la verità della rivelazione divina, e ciò non senza una provvidenza straordinaria e tutta speciale. Così l'opera di Dio venne perpetuata fino alla gran ristorazione dell'uman genere colla espiazione dell'Uomo-Dio, Gesù Cristo Salvatore universale promesso dal principio del mondo.
Non è già, che in tutto questo tratto di tempo, cioè di quaranta secoli, non si trovassero alcuni uomini giusti i quali conservassero anche al di fuori della Sinagoga viva la fede del promesso Liberatore, e mediante la divina grazia, la quale a veruno non mai mancò, osservassero la legge naturale, e per[ci]ò si trovassero nella vera via della salute; ma questi eran pochi, avuto riguardo alla deviazione pubblica di tutte le nazioni dalla vera religione. La cosa mutò al tutto di aspetto dopo la venuta del divin Redentore, il quale dalle angustie della Giudea volle estesa a tutto l'universo la religione discesa dal cielo, e la volle perpetua per tutti i secoli. A questo fine fondò la Chiesa sua qual mezzo ordinario di salute per tutti gli uomini. La istituì una, santa, cattolica, visibile sempre e indefettibile per tutti i secoli avvenire. A questo fine la volle edificata su Pietro, da esso costituito capo e principe del Collegio apostolico, come sopra ferma ed immobile pietra o rupe ai pie' della quale tutti i minaccianti flutti delle umane passioni s'infrangessero, e gli sforzi e conati tutti dell'inferno contro lei congiurato nella serie di tutte le età, finchè durasse il mondo venissero conquisi.
La Chiesa pertanto di Gesù Cristo a propriamente parlare altro non è che un apostolato universale e perpetuo; la quale perciò fu da questo divin suo Fondatore arricchita di quelle doti che ad un sì nobile fine di condurre gli uomini a salvamento eran richieste: le doti del suo Spirito, cioè dello Spirito di carità, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, di sagrificio. Venne a lei assicurata la divina speciale assistenza per cui intatto mai sempre conservasse il deposito prezioso affidatole di sua divina rivelazione. Il cattolico apostolato altro non è di sua natura che l'azione benefica e vivente della divina carità, universale, che si spande su tutti, perpetua, che si estende a tutte le età, efficace, che produce fiori e frutti di eterna vita, che dà vita al mondo, cui illumina e feconda di ogni maniera. L'apostolato cattolico è la permanenza in terra e continuazione della presenza del Dio umanato Gesù Cristo, il quale nella persona dei suoi inviati seguita a vivere, ad operare, a beneficare l'uomo nel suo passaggio dal tempo all'eternità; l'apostolato cattolico in fine è un prolungamento dell'apostolato stesso del Dio Salvatore inviato dal Padre per la santificazione del mondo.
Poichè, sebbene siasi egli involato agli occhi nostri colla sua salita al cielo, pure non lascia di vivere eziandio seco noi su questa terra. Ciò che egli significa con quelle solenni parole, colle quali assicurò i suoi discepoli che sarebbe sempre rimasto in compagnia loro nella grande impresa che loro affidava dicendo: Ecco che io sono con voi in ciascun giorno sino alla consumazione de' secoli; parole che esprimono tutto assieme la cooperazione scambievole e di Gesù Cristo co' suoi apostoli, e degli apostoli con Gesù Cristo, di Gesù Cristo quale agente principale e primario, e degli apostoli come agenti secondari da esso lui animati e confortati. Esprimono l'unità, o se si voglia la sintesi dell'agente e dello strumento ad un medesimo fine. Esprimono la sicurezza dell'esito di una cosifatta missione.
Di qui rampollano quelle formole delle quali fe' uso san Paolo per significare la natura dell'apostolato, allorchè chiamò quelli che lo esercitavano cooperatori o coadiutori di Dio, ministri di Cristo, dispensatori de' misteri di Dio. [«Dei enim sumus adiutores», I Corinth. III, 9; «Sic nos existimet homo ut ministros Christi et dispensatores mysteriorum Dei.» I Corinth IV, 1. N.d.R.] Con queste formole ci fa egli conoscere, che Dio stesso è quegli che parla pei suoi apostoli, che persuade e convince pe' suoi apostoli, che trionfa de' cuori pe' suoi apostoli, che egli parla al di dentro alla mente ed al cuore degli uditori, mentre essi fanno udire la loro voce alle orecchie di quei che li ascoltano; che Dio è quegli che comunica la forza e il vigore agli stessi suoi inviati, l'umiltà, la pazienza, il coraggio necessario per superare e vincere gli ostacoli di ogni maniera, che si oppongono alla malagevole impresa; che Cristo stesso si reputa nella persona de' suoi inviati onorato o dispregiato, perseguitato ed immolato tra i più crudeli supplizi.
Senza una tale assistenza e cooperazione speciale di Dio, l'apostolato sarebbe assurdo, poichè sarebbe l'opera dell'uomo; ora l'uomo non mai potrebbe accingersi all'ardua impresa di riformare il mondo qual è nel suo concreto. Riformare il mondo per mezzo dell'apostolato cristiano e cattolico dice niente meno, che dissipare fittissime tenebre secolari, cioè da più secoli condensate nelle menti degli uomini per la educazione pubblica, per la istituzione domestica, per tradizione volgare e popolare. Dice nientemeno che sostituire a quelle tenebre una luce brillante, la quale discuopra la falsità, gli errori, i pregiudizi di ogni fatta, che per lunghe generazioni avean gettate profondissime radici nelle menti dei popoli traviati da un fanatismo senza misura. Significa sottrarre uomini corrottissimi, che non conoscono altra legge che quella delle più abbiette passioni, delle più ignominiose cupidigie, dal giogo del vizio ed avviarli all'arduo sentiero della virtù fino all'abnegazione di ogni men retta tendenza e propensione disordinata del cuore. Vuol dire assoggettare questi uomini stessi gonfi di loro indipendenza e libertà in materia di religione al giogo di un'autorità inflessibile, a pratiche al tutto ripugnanti alla guasta natura, come per cagion di esempio alla confessione di loro colpe, alle astinenze, ai digiuni.
Impresa per verità cotanto difficile, ed anzi alla umana condizione impossibile, che affidata all'uomo solo avrebbe non dirò del temerario, ma dell'assurdo. E pure tale e non altro è l'intraprendimento dell'apostolato cattolico, il quale per essere istituito da Dio, per essere ispirato da Dio, retto da Dio, sostenuto da Dio ha operato ed opera incessantemente nel mondo un rinnovellamento ed una ristorazione la più ammirabile, sempre pieno di vigore e di vita, come nella freschezza di sua età, sempre nella forza di sua virilità, senza che mai non provi stanchezza, o venga meno nel lungo corso de' secoli.
Di qui è che chi è chiamato ad un così prodigioso apostolato debba essere investito dallo spirito di Dio, e staccato da ogni affetto alle mondane cose, e perfin dall'attacco alla propria vita, pronto a sacrificarla qualor fia d'uopo pel bene de' popoli che si è proposto di evangelizzare. E di fatto il corso ordinario dell'apostolato cattolico è quello di una continua abnegazione, di un lento sacrifizio che si consuma o con una morte violenta, ovvero con una morte accelerata dalle fatiche, dagli stenti e dalle privazioni di ogni genere. Vi si richiede una carità a tutta prova per continuarla con una costanza invincibile nel superare le difficoltà che vi si frappongono o dalla malizia degli uomini o dall'atmosfera mal sana nella quale son talora costretti vivere i missionarii, o dalla malignità del clima, dalla intemperie, dal genere di vitto, dalla scarsezza de' prodotti, dai lunghi viaggi, e da mille altre cagioni.
Vi vuole uno zelo ardentissimo della salute delle anime che a guisa di fiamma agiti e metta in moto il cuore di quest'inviati per cui non paventino i pericoli che loro si presentano ad ogni piè sospinto, non temano agguati, non si atterriscano dei tradimenti, non siano ributtati dall'orrore che sorge dalle scortesi maniere, dai rozzi tratti, dai costumi, dalle sozzure e infermità di quei che si propongono coltivare. Si richiede una pazienza senza limiti poi tanti incontri ne' quali si avvengono, per gli oltraggi che ricevono, per le ingratitudini che debbono sostenere. Vi è d'uopo di una santità salda per non arrischiare la propria salute pei tanti oggetti seducenti che lor si paran davanti, e dare ai popoli tra' quali vivono quell'esempio di ogni virtù che si addice ad un vero evangelizzatore, che parla in nome della Chiesa, ed anzi di Dio, del quale è il rappresentante, attalchè spanda tal luce che ognuno al solo vederlo e trattare con esso lui conosca e ravvisi in esso l'uomo di Dio, l'inviato di Dio, il quale per niun proprio interesse, ma unicamente pel bene delle anime si adopra ed anzi s'immola in siffatto ministero. Conviene che sappia e possa cattivarsi la più illimitata fiducia per cui sian fatti certi di affidare a guida sicura la propria coscienza, e l'affare più rilevante che siavi il mondo, qual'è la eterna salvezza.

NOTE:

[1] Luc., VI, 12-13.
[2] Matth., XXVIII, l8-30.
[3] Paralip., XXII; Tob., I; Ezech., XVI.
[4] Galat., III, 28.
[5] Ephes., II, 19.
[6] V. Nic. Du Mortier, Etym. sacrae graeco-lat. Romae, 1703. Ved. inoltre presso Corn. a Lapide parecchie testimon. de' Padri; inoltre gli stessi autori protestanti Kuinöel e Rosenmuller al cap. XIII di san Matt. Come pure il Calmet a questo luogo, dove vi sono più cose a notare. Erano dai Talmudisti considerati i proseliti come la postema e la lebbra della nazione. Vedi l'impegno di far proseliti ivi ben provato dagli autori profani e i motivi pei quali a ciò fare si movevano gli Ebrei.
[7] Matth., XXIII, 15, e sopra questo luogo vedasi Maldonato, noochè i protestanti Grozio, Camerario, tra i critici sacri.
[8] Cap. XVI, Opp. Ed. Maur., tom. VIII, col 134.

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